
Report di Bankitalia tra uffici e smartworking: come cambia l’Italia
L’Italia è mutata molto durante la crisi pandemiaca dovuta al Covid 19. Ed è cambiata molto in diversi ambiti, tra cui quello immobiliare e abitativo. La crisi generata dal Covid 19 ha “ripensato” totalmente il modus operandi anche delle aziende in relazione agli uffici, all’immobiliare, allo smartworking e al mercato del lavoro. A sottolinearlo ora anche una relazione ufficiale di Bankitalia.
Bankitalia: strada dello smartworking tracciata, anche dopo la Pandemia sarà la prassi.
Stando sempre al rapporto diffuso da Bankitalia il principale motore della trasformazione in atto è lo smart working, nel duplice significato di home working e di smart office.
Il fenomeno dello smart working va configurato come evoluzione rapida, imposta dall’emergenza, del modello del lavoro, sia pubblico, sia privato. Va da sé che l’affermarsi del modello dipende dalla ripartizione di base tra attività “telelavorabili” e attività che vanno svolte necessariamente in presenza, come quelle, in primo luogo, del settore manifatturiero, di quello sanitario, di quello della sicurezza. L’altro snodo risiede nella disponibilità di adeguate connessioni e dotazioni informatiche: il digital divide può ostacolare l’home working. Sullo svolgimento di tutte le attività non vincolate dalla fisicità e, quindi, trasferite dalla pandemia nelle abitazioni, il dibattito è stato molto vivace e contrastato, anche se focalizzato soprattutto sulla pubblica amministrazione.
Così lo smart working è stato esaltato, attribuendogli un alto valore sociale e un forte aumento della produttività, ovvero è stato “criminalizzato” come occasione di lunga vacanza per i dipendenti pubblici; in modo più equilibrato, ne sono stati posti in luce i vantaggi e i rischi, considerandolo, ragionevolmente, come una modalità di lavoro integrativa e non sostitutiva di quella in presenza. Sono poi venute in evidenza le occasioni di risparmio e di attenuazione del traffico e dell’inquinamento ambientale per le città; mentre per le aziende private è emersa un’opportunità di contenimento dei costi, sul piano della logistica e dei servizi, maggiore per i settori più innovativi, basati su forme consolidate di comunicazione e socializzazione a distanza. Per la pubblica amministrazione, la questione dell’home working è ancora più complessa, perché va ad innestarsi in un ambiente organizzativo caratterizzato da indubbie carenze strutturali.
Ma anche nella PA l’evoluzione delle modalità di lavoro, in quanto imposta dalla realtà esterna, è comunque partita. Non potrà che svilupparsi a macchia di leopardo, in funzione, in particolare, della crescita non omogenea dei livelli di digitalizzazione, della semplificazione dei processi che verrà realizzata, delle capacità gestionali dei dirigenti. Va comunque segnalato che si tratta di una trasformazione che non discende da una riforma normativa (che può sempre restare sulla carta, come avvenuto di frequente) ma, piuttosto, da un’ampia spinta esogena, il cui impatto non è evitabile.
Bankitalia: smartworking inulidibile anche in futuro
Va da sé che l’evoluzione, operando su più piani, è accentuata da una serie di fattori concomitanti che si condizionano a vicenda. Ad esempio, maggiori sono le difficoltà ad usufruire in sicurezza dei trasporti pubblici, maggiore sarà la spinta verso l’home working; più alta permane la componente di didattica a distanza per le scuole e meno si agevola un ritorno al lavoro in presenza; tanto più gli uffici saranno accoglienti e sicuri, tanto più saranno competitivi rispetto al lavorare da casa; per converso, adeguando le abitazioni alla nuova esigenza di un utilizzo promiscuo, come luogo di vita e di lavoro, verrà eliminato il gap di funzionalità operativa rispetto alle strutture degli uffici, riscontrato nella prima fase del lockdown. Ma, comunque sia, la strada dello smart working è tracciata e anche una volta superata l’emergenza sanitaria non è ipotizzabile un ritorno al passato.