
COVID-19: Come procedere alla sanificazione degli ambienti
COVID-19. Differenze tra pulizia e sanificazione
A causa della diffusione del Covid-19 tutti noi abbiamo dovuto confrontarci con la necessità di procedere alla sanificazione degli ambienti, sia in casa che, soprattutto, negli ambienti di lavoro, dov’è più diffusa la presenza di persone e dove quindi deve procedersi più di frequente alla pulizia.
Vi è una sostanziale differenze però tra pulizia e sanificazione.
PULIZIA. È l’attività con cui si rimuove lo “sporco” di qualunque tipo (polvere, sostanze untuose, ecc.) da superfici, tessuti ed ogni altro genere di supporto. La pulizia viene effettuata mediante rimozione manuale ovvero con l’utilizzo di macchine, acqua e/o di prodotti detergenti.
SANIFICAZIONE. Non vi è una definizione univoca di sanificazione. In linea generale, la sanificazione rappresenta qualcosa di più rispetto alla pulizia per quanto riguarda il livello di igiene ottenuto. La sanificazione presuppone la rimozione dei microrganismi quali batteri, virus, muffe, ecc., che la normale pulizia non è in grado di eliminare nei medesimi termini di qualità e quantità. La sanificazione si esegue sfruttando l’azione di agenti chimici detergenti in grado di abbattere la carica microbica, fungina e virale al di sotto di determinati limiti.
COVID-19. La sanificazione con l’ozono.
Con l’adozione di misure utili a contenere la diffusione del Corona Virus, si è iniziato a diffondere l’utilizzo dell’ozono che pare aver ottimi risultati nella sanificazione degli ambienti.
Si tratta di un processo controverso e comunque complesso e costoso, la cui efficacia dipende molto dalle dimensioni del locale.
Per garantirne l’efficacia la sanificazione deve essere comunque preceduta dalla pulizia utilizzando prodotti specifici, quali detergenti disinfettanti o presidi medico chirurgici, che oltre alle qualità battericida e levuricida (contro i funghi), caratteristica propria della maggior parte dei prodotti di uso generale, devono avere anche efficacia contro i virus.
COVID-19. Con casi positivi la sanificazione “semplice” non basta.
Va detto che qualora nell’ambiente di lavoro si siano riscontrati casi positivi al Corona virus i protocolli per la sanificazione di luoghi prevedono che la sanificazione per la riapertura e l’utilizzo delle metodiche riportate nella circolare 5443, ovvero:
pulizia e poi disinfezione con ipoclorito di sodio (candeggina) 0,1%, soluzione idroalcolica al 70% dopo pulizia con un detergente neutro.
Se si utilizza normale candeggina commerciale occorre verificare la concentrazione di ipoclorito (generalmente compresa tra 1% e 5%) ed effettuare la diluizione necessaria
Sul punto si raccomanda di verificare direttamente la fonte normativa ovvero il sito del Ministero della Sanità.
Negli altri casi comunque i protocolli non indicano prodotti specifici, purché l’efficacia virucida sia espressamente citata nella scheda tecnica di prodotto.
COVID-19. Un protocollo aiuta a sapere cosa fare.
Per aiutare a capire come fare per garantire una sanificazione efficace degli ambienti di lavoro è stato concluso tra le parti sociali (organizzazioni datoriali e sindacali) ed il Governo un protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19.
Quanto alle tempistiche di sanificazione il protocollo dice che deve essere effettuata una pulizia giornaliera e una sanificazione periodica.
In relazione ai parametri per capire come orientarsi su questa periodicità, a parte casi specifici elencati nei protocolli (ad es. il prima possibile in caso di positivi alla COVID-19, giornalmente per mensa e spogliatoi nei cantieri, ecc.) non è facile dare un parametro temporale univoco, poiché dipende molto dall’uso dei locali, dal passaggio di persone e da altri fattori.
La responsabilità delle tempistiche è, in buona sostanza lasciata al datore di lavoro e la periodicità dovrebbe essere definita in base all’utilizzazione, privilegiando una frequenza maggiore sulle superfici più utilizzate.
La sanificazione non va necessariamente eseguita da ditte specializzate, tuttavia in casi particolari (situazioni logistiche complesse, presenza di persone positive al Corona virus, ecc.) può essere preferibile rivolgersi a professionisti interni.
I protocolli non richiedono una registrazione delle attività di sanificazione, ma può essere opportuno tenerne traccia, specie per attività “fatte in casa” riportando la data, il prodotto utilizzato e la procedura applicata, avendo cura di tener presente che l’utilizzo di un detergente disinfettante svolta secondo le modalità ed i tempi di permanenza (prima dell’asciugatura, risciacquo o rimozione) riportate nella scheda tecnica.
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Smart working anche dopo il lockdown
Il lockdown ha diffuso la conoscenza dello smart working
Forse una delle conseguenze più evidenti del lockdown dovuto alle misure di contenimento del contagio del COVID19 è stata la diffusione delle pratiche di smart working.
Ormai tutte le aziende, anche quelle più tradizionali, hanno avuto la possibilità di sperimentare lo smart working, potendo così dare continuità lavorativa ai propri dipendenti pure stando a casa e, in questo modo, poter valutarne i vantaggi sia per l’azienda che per i lavoratori.
Anche le pubbliche amministrazioni hanno dovuto adottare pratiche di smart working e proprio in questo comparto è stato particolarmente apprezzato.
Secondo il sondaggio svolto da Fpa (società del gruppo Digital360) tra il 17 aprile e il 15 maggio 2020 (il periodo di lockdown) oltre 4 mila dipendenti pubblici hanno lavorato da casa, mentre prima della chiusura, lo smart working era stato sperimentato solo nell’8,6% degli uffici pubblici.
Ne è risultato un apprezzamento generalizzato, infatti l’88% dei dipendenti ha espresso parere favorevole e il 93,6% vorrebbe continuare a lavorare in smart working come ordinaria modalità di lavoro.
Le grandi aziende stanno facendo accordi con i sindacati
In accordo con le disposizioni normative molte aziende stanno già prendendo accordi con le organizzazioni sindacali per rendere ordinarie le modalità di smart working.
Infatti il gruppo Tim, prima grande azienda in Italia, ha inteso riorganizzare il lavoro dopo l’emergenza sanitaria e per tutto il 2021 ed ha firmato di recente un accordo con i sindacati per prolungare fino a fine ottobre le misure di smart working e per avviare la sperimentazione lungo tutto il 2021 di una riorganizzazione del lavoro con 2 giorni alla settimana di smart working, oltre ad una disponibilità individuale di altri 12 giorni che permetterebbero ai lavoratori di lavorare 2 giorni in ufficio e tre da casa.
Lo smart working inciderà negli investimenti immobiliari
Numerose aziende hanno riconosciuto non solo un miglioramento nella felicità dei propri dipendenti, ma soprattutto un aumento della loro produttività.
Già si vedono i primi effetti nel mercato immobiliare.
Gli agenti immobiliare di Londra hanno previsto un fuga dalle grandi città ed un ricollocamento verso i così detti “paradisi verdi” ovvero località situate in provincia dove poter lavorare da remoto con una semplice connessione internet.
Anche a Milano il mercato immobiliare registra un aumento delle preferenze per le case situate in centri più piccoli.
L’adozione dello smart working diffuso richiederà quindi una migliore organizzazione degli spazi lavorativi garantendo maggiore flessibilità e ciò riguarderà non solo i centri urbani di maggiore dimensione, bensì anche le piccole cittadine di provincia.
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Lo smart working aiuta l’ambiente
Lo smart working permette di risparmiare tempo ed inquinamento
Un recente studio di ENEA in relazione alle conseguenze dell’adozione di pratiche di smart working nelle pubbliche amministrazioni ha dato riscontri interessanti circa l’impatto di tali soluzioni sull’ambiente.
E’ emerso che per il tragitto casa-lavoro-casa più della metà del campione di lavoratori intervistati copre giornalmente una distanza entro i 40 chilometri, mentre ben il 24% percorre oltre 70 km giornalieri. La distanza media percorsa ogni giorno per il tragitto casa-lavoro-casa è stimata in circa 49 km per persona.
In relazione a tempi di trasferimento circa il 45% delle persone dichiara un tempo di percorrenza nel tragitto casa-lavoro-casa inferiore a 1 ora, il 33% compreso tra 1 e 2 ore e il 22% superiore alle 2 ore. Il tempo medio di percorrenza delle persone che hanno partecipato all’indagine è di circa 1 ora e 30 minuti.
Lo smart working durante il lockdown ha fatto risparmiare tempo e soldi
Durante il periodo di lockdown il risparmio di spesa per carburanti per il trasporto è stato di circa 4 milioni di euro, con conseguente beneficio, oltre che per le tasche degli utenti, della qualità dell’aria.
A parte il lockdown il fatto che in media ogni lavoratore consumi circa 1 ora e 30 minuti per i trasferimenti casa-lavoro-casa, comporta che, adottando pratiche di smartworking che permettano di ridurre gli spostamenti, in una settimana si recupererebbero 6 ore e 30 minuti per individuo da dedicare ad altre attività.
I millennials preferiscono lo smart working
E’ una tendenza ormai costante che ha caratterizzato gli ultimi anni ed è diventata evidente in quest’ultimo particolare periodo che le nuove generazioni scelgono di lavorare per un’azienda non solo sulla base dello stipendio, ma tengono in considerazione anche i valori che il brand sposa e diffonde, come il risparmio di tempo, la fiducia verso i lavoratori, l’impatto ambientale e la sostenibilità.
Ne è un esempio il progetto di smart working elaborato da Samsung diretto a veicolare la sostenibilità, i benefici sia ambientali che sociali ed economici dello smart working, diffuso come un vero e proprio prodotto da comunicare al mercato, con il risultato di attrarre talenti e ridurre il turn over.
I progetti di smart working si inseriscono quindi nella politica aziendale che tende a trasformare le aziende non più in semplici player economici, bensì in soggetti coinvolti a 360 gradi con responsabilità anche di sviluppo sostenibile in termini ambientali e sociali, non solo in relazione al proprio personale, ma con l’atenzione rivolta alla società tutta.
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Uffici temporanei e coworking: la soluzione per lo smart working previsto dal Decreto Rilancio
Serve un luogo adeguato per lo smart working
Molte lavoratrici e molti lavoratori costretti in casa dalle misure di contenimento della diffusione del COVID19 hanno avuto modo di sperimentare quello che comunemente è stato definito smart working.
In realtà ciò a cui si è assistito a causa del Corona Virus corrisponde però più a quello che si sta definendo come home working, che rispetto allo smart working sconta alcune difficoltà ambientali.
L’idea infatti di lavorare direttamente dal letto non è una soluzione che aiuta la produttività, così come avere frigorifero e televisione a portata di mano, fonti certe di distrazione.
Per non parlare della coabitazione con individui, come i figli minori, non dediti prettamente ad attività professionali e fonte di altrettanta distrazione.
Ben si intende che sono molti i vantaggi nel lavorare da casa e prendendo i giusti accorgimenti anche le difficoltà possono essere superate agevolmente.
Una buona dose di organizzazione e una pianificazione della giornata, stabilendo tempi certi da dedicare all’attività lavorativa e tempi altrettanto certi da dedicare a figli ed alla propria persona, permette di porre in essere una modalità di lavoro efficiente ed anche più produttiva delle pratiche ordinarie presso la sede dell’azienda.
Il Decreto Rilancio amplia le possibilità di smart working
A ben vedere molte aziende si sono accorte che adottare pratiche di smart working ha reso i lavoratori più efficienti.
Infatti i lavoratori, nel periodo del COVID19 non si sono limitati a lavorare otto ore, staccando allo scadere dell’orario lavorativo per correre a recuperare i figli da scuola o dai nonni, bensì hanno dedicato al lavoro il tempo necessario per terminare l’attività iniziata.
A questa constatazione è giunto anche il Governo che, valutando la possibilità di garantire un periodo maggiore di distanziamento sociale, nel Decreto Rilancio ha previsto l’estensione delle modalità di smart working fino al 31 dicembre 2020.
Lo smart working garantisce maggior produttività se fatto bene
Tuttavia per ottenere il maggior risultato dalle pratiche di smart working alcuni accorgimenti sono opportuni.
In particolare il fatto di poter lavorare da qualunque luogo grazie all’utilizzo di dispositivi tecnologicamente avanzati, non vuol dire che ciò sia consigliabile.
Alcune attività richiedono un ambiente adatto allo scopo, con infrastrutture adeguate (ad esempio connessione internet veloce), in regola anche con le disposizioni in materia di salute dei lavoratori.
Un accorgimento che diventa quindi di fondamentale importanze è al dipendente di svolgere il proprio lavoro iin un luogo di lavoro vicino a casa che sia allo stesso tempo adeguato alla propria attività.
Viene naturale pensare ad un coworking, ma le soluzioni che si stanno proponendo al mercato sono molteplici, come uffici temporanei e spazi condivisi.
Certo in periodo di Corona Virus può sembrare un controsenso andare ad infilarsi in un luogo affollato, ma ciò non deve spaventare.
Coworking e business center sono gestiti da professionisti che si occupano esclusivamente di gestione di spazi lavorativi e dedicano la loro attività a garantire la sicurezza e cura degli ambienti, una garanzia che alcuni datori di lavoro, loro malgrado essendo occupati anche e soprattutto alla gestione della loro attività specifica, faticano ad offrire ai propri dipendenti.
La situazione quindi creata dal Corona Virus nel suo drammatico sviluppo, propone comunque delle opportunità di cambiamento che non sono del tutto negative.
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Anche Facebook apre i temporary store
Facebook apre temporary store nei centri commerciali
Si chiamano Pop-in Store e sono negozi temporanei che trovano spazio in magazzini e centri commerciali, così come nelle catene di negozi.
E’ un vero e proprio modello di business, che viene apprezzato molto dalle aziende che vivono nei canali digitali per affermare o rafforzare la loro immagine commerciale (tecnicamente “brand awarness”) o per lanciare nuovi prodotti.
Che sia una idea allettante lo dimostra il fatto che anche Facebook, il social network più diffuso al mondo ha aperto nove punti vendita nel 2018 all’interno di una nota catena di negozi del lusso. Tali temporary store sono chiamati dal colosso digitale “Facebook Smal Business Pop-Up”, ovvero negozi temporanei (che in gergo tecnico sono chiamati “pop-up”) e vengono utilizzati per pubblicizzare i brand che hanno registrato le migliori performance di vendita proprio sulla piattaforma Facebook.
Temporary store come vera e propria strategia di business
I pop-up (o temporary store o temporary shop) stanno diventando la tendenza del momento.
Nel mercato statunitense, l’affitto temporaneo di negozi risponde in modo efficace alle nuove tendenze di acquisto dei consumatori e viene apprezzato dagli esercenti.
La motivazione è evidente.
Gli operatori apprezzano l’affitto temporaneo perchè offre opportunità diverse rispetto alle rigidità del mercato immobiliare, garantendo flessibilità ai negozianti e guadagni sicuri ai proprietari, e se ciò è vero negli Stati Uniti pensiamo come possa essere accolto dal mercato immobiliare italiano.
Il negozio temporaneo è apprezzato altresì dai consumatori che ricercano non solo l’acquisto, bensì esperienze coinvolgenti e significative.
I temporary store non sono semplici negozi, bensì espressione di comunty di consumatori
Le tendenze moderne, in relazione ai negozi temporanei sono definite.
I pop-up (negozi temporanei) non sono concentrati sulle promozioni, sulla svendita della merce in eccesso, ma si stanno orientando sul creare vere e proprie comunity, garantendo agli avventori esperienze su misura, rendono fisiche le comunity virtuali dei social networks.
Proprio per questo sono modelli di business molto apprezzate dalle aziende digital, che desiderano instaurare un rapporto diretto con i propri clienti.
L’opportunità è comunque interessante anche per i marchi tradizionalmente già presenti al pubblico con i propri negozi.
Un esempio è l’Hotella Nutella, l’albergo temporaneo che la Ferrero ha aperto in California per un solo week end, per far vivere agli ospiti una esperienza immersi in cuscini a forma di brioches e barattoli di Nutella ovunque.
L’affitto temporaneo di spazi commerciali risponde a in modo ottimale alle nuove tendenze e garantisce ai consumatori opportunità prima nemmeno immaginate, un’opportunità non solo per il mercato statunitense, sempre molto aperto all’innovazione, ma anche per quello europeo, garantendo freschezza e nuova energia.
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Cos’è lo Smart Working?
L’indagine compiuta per l’anno 2019 dall’International Workplace Group (IWG), gruppo internazionale che studia le dinamiche e le tendenze attinenti i luoghi di lavoro, ha accertato che entro il 2030 non esisterà più il “pendolarismo”.
L’indagine, condotta su un campione di 15.000 lavoratori in 80 paesi ha evidenziato che una delle più consolidate caratteristiche delle società moderne, uno dei momenti di maggior impatto emotivo in senso negativo nella quotidianità di miglioni di persone diventerà una pratica obsoleta e ciò riguarda anche l’Italia.
Secondo la ricerca condotta da IWG 4 lavoratori su 10 nel nostro paese considerano il pendolarismo come la parte peggiore della propria giornata. Il viaggio da e per il luogo di lavoro sta diventando sempre più difficile per i pendolari: 1 italiano su 10 in Italia dichiara di essere “regolarmente in ritardo” al lavoro causa problemi lungo il tragitto ed il 34% degli intervistati ritiene che il tempo passato in viaggio verso e da il posto di lavoro debba essere ricompreso nell’orario lavorativo.
Vanno aggiunte considerazioni, attualmente non sufficientemente considerate, in merito all’impatto ambientale causato dal traffico veicolare, alla salute delle persone sottoposte a stress con ricadute sulla produttività degli individui.
Costi sociali e carenze di efficienza aziendale che possono essere evitati con l’adozione di pratiche di smarthworking.
Dalla medesima indagine IWG emerge infatti che la metà delle aziende italiane e addirittura il 64% a livello globale dichiara di scegliere il lavoro flessibile perché permette di accelerare i tempi di ingresso in nuovi mercati a livello internazionale. Il ricorso a spazi di lavoro flessibile viene considerato fondamentale per le aziende per espandersi velocemente, per ridurre le spese di capitale e quelle operative, per mitigare i rischi aziendali e consolidare il proprio portafoglio.
Le pratiche di “smart working”, ovvero di “lavoro intelligente”, non si possono semplificare in quello che in Italia viene definito il lavoro flessibile.
Lo Smart Working è qualcosa di più:
Ø è un approccio innovativo all’organizzazione del lavoro
Ø principio base è l’adattabilità: orari flessibili, migliore comunicazione resa più facile dalle moderne tecnologie
Ø implica una riorganizzazione degli spazi, creando aree destinate alla condivisione e collaborazione, open space, etc.
Ø autodeterminazione da parte del lavoratore per scelta degli spazi, degli orari di lavoro e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati
Ø un concetto riconosciuto come autonomo, sdoganandoto dal semplice telelavoro.
La più evidente conseguenza dell’adozione di pratiche di smarthworking da parte delle aziende può riassumersi, quanto ai lavoratori, nell’espressione “lavoro dove voglio, quando voglio e con chi voglio”
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Bed&Office il futuro (ed il presente) dei Bed&Breackfast
B&O (Bed&Office) è il nuovo modo di fare B&B (Bed&Breackfast)
Tutti sanno che cosa significa la sigla B&B ovvero Bed&Breackfast definizione che ormai da qualche decennio accompagna le vacanze di molti.
Ebbene, se è abbastanza facile comprendere perchè le due parole “bed” e “breackfast” (letteralmente “letto” e “colazione”) vadano accostate, a significare la facilità di reperire una sistemazione per la notte, con colazione mattutina compresa nel prezzo, non è altrettanto immediato comprendere che cosa c’entri il letto (“bed”) con l’ufficio (“office”).
Bed&Office è anche (ma non solo) per lavoro
Molti proprietari immobiliari hanno ormai compreso che il mercato degli affitti brevi è in continua espansione e garantisce ottimi guadagni, al contempo evitando i problemi tipici dell’affitto ordinario, quali morosità e lunghe trafile giudiziarie per riottenere il pieno possesso dell’unità immobiliare.
Tuttavia, salvo alcune città quali Venezia, Firenze e Roma, dove il turismo dura tutto l’anno, la formula dei B&B permette di sfruttare i periodi dell’anno durante i quali il turismo è fiorente, molto meno invece durante la bassa stagione.
Ma proprio la bassa stagione è il periodo in cui maggiormente la gente si sposta per lavoro.
I Bed&Office permettono di guadagnare nella bassa stagione
Pensiamo alle molte persone che viaggiano quotidianamente per lavoro, siano professionisti, commerciali, imprenditori, freelance.
Vi è da prenotare l’albergo, dovrò reperire un ufficio, altrimenti dovrò incontrare i clienti, fornitori, etc. a cena o nella hall dell’hotel.
A questi inconvenienti soccorre proprio il Bed&Office ovvero un ufficio di tutto punto, con scrivania, sedie, wi-fi, stampante e quant’altro necessario ed utile per un vero e proprio ufficio professionale, dove poter anche pernottare.
Un “due in uno” semplice comodo efficiente.
Molti Bed&Breackfast che dispongono degli spazi adeguati possono, con poco sforzo rendere disponibile anche soluzioni B&O per i periodi di minor afflusso turistico.
Ci sono piattaforme anche per trovare i miglio Bed&Office
Se per trovare un B&B ci sono piattaforme famose e ben note al grande pubblico,qualche difficoltà sorge per chi ricerca di un B&O.
Le difficoltà sono ben presto superate grazie ad una start-up innovativa italiana che mette a disposizione di professionisti, imprenditori, freelance, agenti di commercio ed altri un vasto panorama di soluzioni.
La piattaforma www.hubway.space offre un canale privilegiato per scegliere, prenotare ed acquistare il B&O che si preferisce nel luogo e per il tempo che serve.
Niente di più facile per poter lavorare e pernottare fuori per periodi più o meno brevi.
Soluzioni flessibili per poter lavorare in modo sempre più intelligente o, come si usa dire ormai da un po’, smart.
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Smart working: il meglio è lavorare a due passi da casa
Non sempre lavorare da casa significa lavorare in smart working
In questo periodo le parole più diffuse oltre Corona Virus e COVID19 sono probabilmente smart working.
Tuttavia non sempre tale espressione è stata usata a proposito.
Infatti il concetto di smart working non è equivalente al lavoro da casa, bensì è una combinazione di comportamenti (del datore di lavoro e del lavoratore), cultura lavorativa, tecnologie impiegate e luogo di lavoro.
Si tratta quindi di un approccio che guarda al rapporto di lavoro in modo diverso andando incontro alle esigenze che il mercato ed il nostro stile di vita richiedono in particolare la flessibilità, la produttività, serenità e qualità della vita in generale.
Smart working significa limitare l’uso dei mezzi pubblici
Le esigenze di contenimento della diffusione del COVID19 impongono di limitare gli spostamenti con i mezzi pubblici al minimo indispensabile.
Fino a pochi mesi fa lo sforzo delle pubbliche amministrazioni locali era diretto ad incentivare l’uso dei mezzi pubblici, allo scopo di ridurre traffico e inquinamento.
Ora l’atteggiamento è radicalmente mutato e entrare in un autobus o in metropolitana appare come un gesto sconsiderato.
Ma altrettanto sconsiderata appare l’idea di incentivare l’uso delle automobili private che renderebbe ingestibili centri delle città e comporterebbe un incremento intollerabile dell’inquinamento atmosferico.
Lo smart working richiede l’uso di uffici temporanei
La diffusione di pratiche di smart working permetterebbe quindi di conservare il distanziamento sociale, migliorare la qualità della vita delle persone e al tempo stesso conservare, se non anche aumentare la produttività delle aziende.
Tuttavia lavorare da casa non sempre è facile.
Serve organizzazione, grande disciplina e la coabitazione con altre persone non permette sempre di avere spazi dedicati per poter svolgere le proprie attività in modo professionale.
A queste situazioni soccorrono gli uffici temporanei, stanze adibite di tutti i servizi e comfort idonei per svolgere al meglio le mansioni assegnate al lavoratore.
Un servizio “on demand”, quando serve e dove serve.
Si esce di casa all’ora che si vuole, si fanno quattro passi a piedi e si raggiunge l’ufficio temporaneo, la postazione lavorativa scelta a mezzo della piattaforma www.hubway.space.
Efficace, semplice, immediato.
Non vi è più bisogno di perdere ore della propria vita in lunghi spostamenti per raggiungere il posto di lavoro.
Hubway permette di trovare il luogo adatto, professionale, a due passi da casa, per svolgere al meglio la propria attività lavorativa al di fuori dei locali aziendali.
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Agenti immobiliari: gli affitti brevi sono la possibilità di rilancio
Il 2020 non sarà un anno facile per il mercato immobiliare
Il primo rapporto 2020 di Nomisma stende un’analisi importante e ricca di contenuti in relazione all’andamento del mercato immobiliare.
Il 2019 ha fatto registrare un sensibile trend di miglioramento nelle compravendite, grazie anche ai tassi di interesse piuttosto bassi, trend che, tuttavia ha visto un rallentamento nell’ultimo trimestre.
Il 2020, a causa della diffusione del virus COVI19 e delle correlate misure di contenimento, ha confermato il trend di frenata.
Il rapporto si spinge oltre alla semplice raccolta dei dati e vuole azzardare una previsione, che certo non è delle più rosee.
Infatti l’ipotesi più ottimistica è una diminuzione del Pil all’incirca del 2% dovuta ad un calo dei consumi e ad un crollo degli investimenti.
Il mercato immobiliare in difficoltà vivrà un momento di passaggio
Secondo le analisi contenute del rapporto Nomisma nel 2020 le compravendite nel comparto residenziale subiranno un calo importante perdendo dalle 50.000 alle 120.000 operazioni, mentre gli investimenti corporate perderanno tra i 2,6 mld e 5,8 mld di euro, cifre destinate ad aumentare ulteriormente nei due anni successivi.
I prezzi degli immobili subiranno flessioni sensibili comprese tra il -3% ed il -10% nello stesso triennio.
I periodi di crisi però offrono anche nuove opportunità.
Per gli agenti immobiliari è il momento di cambiare
Ad oggi gli affitti brevi rappresentano i due terzi della domanda nel mercato immobiliare.
Poche agenzie immobiliari hanno sviluppato un’offerta adeguata e rimangono concentrate nella compravendita.
Di fronte ad uno scenario del prossimo futuro come viene prospettato nel rapporto Nomisma, non diversificare la propria attività, per un agente immobiliare, potrebbe significare porsi al di fuori del mercato.
I proprietari infatti non vorranno svendere le loro proprietà e pochi avranno la disponibilità economica per acquistare.
Gli affitti brevi nel settore uffici e negozi sono la novità per gli agenti immobiliari
Che gli affitti non siano profittevoli per gli agenti immobiliari è una falsa convinzione.
Gli affitti brevi infatti offrono occasioni di grossi guadagni, fornendo servizi richiesti sia dai proprietari che dagli utilizzatori degli immobili, si tratta di cambiare mentalità ed adeguarsi ai tempi, diventando un punto di riferimento all’interno del proprio territorio.
Ad oggi, in Italia, ci sono oltre 1.000.000 di immobili destinati agli affitti brevi e meno di 2.000 agenti dedicati. Questo significa che c’è un solo agente per ogni 500 contratti.
Il trend che ha interessato le locazioni turistiche si sta diffondendo molto rapidamente anche nel settore non residenziale, dove sempre più è difficile per professionisti, commercianti e imprese ottenere in affitto uffici e negozi.
Così si diffondono modi di utilizzo differenti come coworking, business center, temporary store.
Le misure di contenimento del Corona Virus hanno resa necessaria l’adozione di pratiche di smart working che probabilmente verranno mantenute per lungo tempo, così da diffondere ulteriormente l’abitudine di utilizzare gli immobile ad uso lavorativo quando e dove necessario, quindi in modo sempre più flessibile e temporaneo.
Per gli agenti immobiliari questo nuovo scenario offre l’opportunità di sviluppare nuove opportunità di business grazie a www.hubway.space.
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